Afrorack - “The Afrorack” (Hakuna Kulala, 2022)

Afrorack

Artigianato e arte, si ha sempre paura ad accostare queste due parole. Parlando però di Brian Bamanya aka Afrorack, è difficile non pensare al processo creativo in termini di lavoro artistico e al contempo artigianale, indipendente da logiche commerciali e consumistiche: il musicista ugandese che a maggio 2022 ha pubblicato una audiocassetta per la Hakuna Kulala - sottoetichetta della Nyege Nyege Tapes, una delle realtà undeground africane più interessanti - è letteralmente l’artigiano del proprio suono: ha costruito con le proprie mani il sintetizzatore modulare con cui ha prodotto e produce la propria musica. Il termine Afrorack è significativo, una dichiarazione d’intenti, si contrappone agli standard Eurorack, il sistema modulare progettato nel 1955 dal musicista e ingegnere tedesco Dieter Döpfer. Bamanya si è creato un proprio sistema modulare, una creazione con una propria vita: “un sintetizzatore modulare è come un organismo vivente e come un corpo umano, devi trovare una certa armonia tra i diversi organi. Il mio sistema è puramente analogico, quindi si comporta in modo molto organico. Il che è fantastico, perché amo essere sorpreso”, racconta il musicista al magazine musicale Pan African Music nel 2019. L’artista ugandese è convinto che esplorando i legami tra acid-house e ritmi tradizionali ugandesi, il sintetizzatore modulare consenta, tra le altre cose, di stabilire un dialogo tra culture e persino di creare un nuovo linguaggio. L’Afrorack diventa quindi uno strumento per il musicista africano per far mettere in comunicazione acid-house, techno e tradizione musicale dell’Africa Orientale, come accade - magicamente - in brani come “African Drum Machine” e “Why Serious”. Ricerca culturale e artigianato sonoro sono le due anime della musica elettronica prodotta da Brian Bamanya. Musica che guarda avanti senza dimenticare il passato.



Monica Mazzoli

( 2022-07-10 )